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La stanza del figlio

 

di Nanni Moretti, con Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Stefano Accorsi – drammatico - Italia - 2000 – 95'

Un analista con una bella moglie, due magnifici figli e una professione che lo soddisfa (nonostante alcuni pazienti siano davvero pesanti con le loro idiosincrasie e mezze follie) va in crisi quando, per un incidente in un’immersione, il figlio Andrea muore. Non trovando sbocchi di alcun tipo madre, padre e sorella annaspano senza riuscire a vedere alcun motivo per tirare avanti. “E ci credo - viene da dire allo spettatore -, se la vita è vista e vissuta con una tale piattezza!” Diceva Hitchcock che il cinema non deve mostrare un “pezzo di vita vissuta” perché quello, lo spettatore, lo può trovare sul marciapiedi davanti a casa. Il cinema dovrebbe far sognare, divertire, proporre idee, stimolare l’intelligenza e la fantasia: anche non tutto insieme, d’accordo, ma qualcosa sì. E invece il cinema italiano troppo spesso - e qui più che mai - si ripiega in un’arida denuncia di qualcosa che non va, che non è spiegabile, e che comunque abbatte, fa sentire in colpa, deprime. Appaiono misteriosi, poi, i motivi che hanno spinto Moretti (abile regista, ma sempre piuttosto narcisista: anche stavolta, quindi, il solito Nanni) a confrontarsi con un tema drammatico e, evidentemente, più grande di lui, dal momento che dimostra di non avere molto da dire per cercare di proporre non dico una soluzione o una motivazione, ma quanto meno delle domande che possano indirizzare sulla strada giusta. E’ vero, il problema alla fine è quello di sempre (il Male, la sofferenza, il significato che si può attribuire loro) ma, tra le tante risposte che il pensiero di secoli ha proposto, il film non ne sceglie neanche una, limitandosi a qualche scena madre, alcuni momenti di lieve intimità famigliare e uno sguardo fisso nel vuoto – quello di Moretti, emblema di tutto il film – che si trasmette direttamente allo spettatore, impedendogli (quasi?) di commuoversi. Insomma, una piattezza desolante il cui successo dovrebbe far meditare. Siamo alle solite: non è obbligatorio che un film abbia un “messaggio” aperto, ma se si affrontano certe tematiche qualche straccio di risposta bisognerebbe proporlo, altrimenti si risolve in un vacuo - e forse nocivo - esercizio di stile. (Giovanni De Marchi) 

 

 

   

     

    

 

Violenza
Tensione
Umorismo
Dialoghi
Volgari
Nudità
Sesso esplicito
Comportam.
diseducativi
 Possibilità
discussione
Età consigliata

violenza - tensione - umorismo * dialoghi volgari * nudità/sesso esplicito - comportamenti diseducativi * possibilità discussione ** età consigliata 18 VOTO 5